Thursday, 29 January 2015

Like no other

Zhao gli si arrampica addosso mentre lui fuma. E' sdraiato di schiena sul letto, sono entrambi nudi. Hanno scopato, nella stanza si sente odore di sesso. Sente un velo di sudore asciugarglisi contro la pelle dietro al collo. Le cosce magre della donna gli sfregano contro il bacino mentre lei gli si mette seduta addosso a cavalcioni, i lunghi capelli neri e lucidi si spargono sul corpo secco, sui seni esposti. Gli occhi a mandorla, duri, lo frugano inquisitori prima di allungare dita sottili e recuperare la sua sigaretta, portandola alla bocca. Prende una boccata di fumo che gli soffia addosso.

"I missed you."

La confessione viene fatta con la voce che gorgoglia bassa, sensuale quanto stanca, soffocata. Lui le sorride senza trasporto, sospira.

"I'm sorry."
"Ti sei scopato altre donne?"

La domanda è incredibilmente priva di ferocia, ma piuttosto lasciata cadere sul suo petto con la rassegnata amarezza di chi conosce già la risposta. Lo lascia comunque leggermente interdetto. Questa volta ad allungare la mano verso la sigaretta è lui, riprendendosela con delicatezza, ripiegando l'altro braccio dietro la testa.

"Si."
"Ti sono piaciute? Più di me?"
"Stop it."

Lo pretende senza urgenza. Zhao fa scorrere le dita contro il suo collo, scivola lungo il corpo nudo.

"Ti sei scopato anche lei?"
"Lei chi?"
"Quella di Greenfield."
"Non è di Greenfield, è di Hera. E praticamente è un uomo."
"Però quando io ti ho organizzato un colloquio qui sullo Skyplex tu te ne sei fottuto. Nemmeno ci sei venuto. Lei ti propone di partire per chissà dove, per chissà quanto, a farti ammazzare per due soldi, e tu corri. Corri, vero? Come i cagnolini."
"Stop it."

Questa volta l'intimidazione è più secca. Le tiene gli occhi neri addosso, fermi. L'espressione ha perso parte del molle abbandono che aveva prima, è cupa, solida.
Zhao lo fissa, con una smorfia frustrata, cruda, che le attraversa la faccia. Lui prende una boccata di fumo, brontola un mormorio asciutto, basso.
"Non ho voglia di litigare."
Lei rimane in silenzio. I fianchi magri le si muovono lenti, con un fruscio che lo costringe a deglutire a vuoto.
"I know you like no other." La voce di donna si fa un sussurro sibilante, roco, soffice. Gli rabbrividisce nella nuca.
 "Shut up."
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Tuesday, 13 January 2015

Counting minutes like sheeps

Meili, Labour Town, Dicembre 2516 - Notte

Gli appartamenti sono ammassati l'uno contro l'altro in una giungla sintetica e inquinata di palazzine in cemento e metallo. Milioni di finestre come uno sciame di lucciole fioche. Le luci e i colori dello schermo illuminano una stanza altrimenti avvolta in una penombra quasi completa. Le pareti sono ricoperte in carta di riso economica. La holo-tv trasmette degli annunci pubblicitari. Una figura animata, antropomorfa, impugna delle bacchette pronta a gustare un nuovo preparato istantaneo. Cibo sintetico. I colori sono sgargianti, lo schermo viene invaso da simboli in mandarino che si sfaldano in una musica allegra, ritmata. Un jingle persistente, cantato da voci squillanti.

xiao tu zi guai guai,
bai men kai kai,
kuai dian Kai Kai..

L'orologio segna le undici e venti di sera. Il turno in fabbrica ricomincia in otto ore. Sul pavimento sono sparsi un paio di cartocci di cibo da asporto, delle bacchette. Il divano in pelle sintetica scricchiola sotto il suo peso, mentre lui si inclina in avanti con il busto, gli occhi neri dilatati nel buio, schiantati sulle immagini della televisione. Qualcosa in quel mostriciattolo che ingurgita spaghetti di riso essicati gli strappa un accenno di risata asciutta, spenta. La musichetta martellante, forse. Si accende una sigaretta, infilando le dita nei capelli unticci per la stanchezza e tirandoli indietro. Sul tavolino davanti a lui, un posacenere strabocca mozziconi spenti e uno straccio da cucina è ordinatamente disteso. Sopra lo straccio da cucina, sono disposti con cura millimetrica i pezzi smontati di un Nightwind. Una boccetta di grasso per la manutenzione. Un secondo brandello di stoffa, che recupera dopo aver posato l'accendino. Il fucile dissezionato non condivide nulla dell'incuria che sembra regnare nel resto della stanza. Posizionato con precisione invidiabile, con un sistema rigido. Bagna il tessuto nel grasso, sollevendo la cannula e iniziando a pulirla con cura.

"Bu kai bu kai wo bu kai
ma ma mei hui lai.."

Canticchia sottovoce, le parole mozzate contro il filtro. Le mani si muovono meticolose in un rituale che conoscono a memoria. Un rituale che avviene identico, sera dopo sera. Notte dopo notte. Il fucile viene smontato. Pulito. Rimontato. Poi riposto con cura nella sua scatola. Nascosto insieme al resto delle armi nella cavità del pavimento sotto al letto. Tutte ricevono le stesse cure, le stesse attenzioni, per poi tornare nascoste sotto la stessa botola. Anche questa notte. Quando finisce di rimontare il Nightwind fa scattare il meccanismo con un colpo secco delle braccia, la cenere cade sul pavimento di bambù. Gli occhi vanno all'orologio.
Meno di sette ore all'inizio del turno in fabbrica.

wo yao jin lai
jiu kai jiu kai wo jiu kai

La scatola viene richiusa con un suono secco. La botola celata dalla stuoia di bambù si apre con uno sfregare di piatrelle fredde. La stuoia viene riposizionata. Lui torna a lasciarsi cadere sul divano, la pelle scricchiola di nuovo sotto il suo peso. Allunga le mani verso il pacchetto di sigarette, ne estrae un'altra. Nel posacenere c'è mozzicone in più. L'accendino scatta, il tabacco brucia sotto il peso della prima boccata di fumo. La holo-tv promette un futuro brillante, migliorato dall'ultimo ritrovato tecnologico nel campo della guerra alla calvizia precoce. 
Sei ore e mezza all'inizio del turno in fabbrica.
E' circa l'una e dieci di notte quando viene colpito dalla limpida consapevolezza del proprio futuro. Ha spostato gli occhi dallo schermo all'orologio, ora li tiene sulle lancette. Sul percorso inesorabile che compiono verso la campana di inizio della catena di montaggio.

Capital City, 2513 - Notte

I vetri oscurati del Thor lasciano intravedere una coltre di luci sintetiche che si spalmano nel buio dalle facciate dei grattacieli. Sta seduto in silenzio, come sono in silenzio tutti. Il giubbotto antiproiettile allacciato stretto, i guanti sfregano contro la canna del fucile. Pavel lo fissa. Lo fissa senza dire una parola da quando sono partiti. L'uomo sta seduto di fronte a lui, gli occhi chiari, di ghiaccio, il cranio glabro. Robin non guarda Pavel, ma Pavel guarda Robin. Quasi sobbalza, nel sentire la sua voce, l'accento di Koroleva che rimbalza contro le sue orecchie.

"Da dove viene quello?"
Pavel indica con un cenno del mento verso il ciondolo di cuoio che lui tiene al collo. 
"Me lo ha regalato Nadia."
"Capisco."
Per alcuni momenti il silenzio ricade. Poi il Comandante, come lo chiamano, prosegue.
"Do you like her?"
Lui non risponde. Porta gli occhi sull'uomo, si limita a sollevare le spalle in un cenno vago. Pavel lo valuta. Lo divora, gli passa attraverso. Sorride, inspirando a fondo e annuendo a qualcosa che nessuno ha detto.
"Sai cosa devi fare."
"Lo so."
"Sai perchè."
"Lo so."
Pavel sorride, inclinando un solo lato della bocca. 
"Come here."
Un ordine ruvido, che gli lascia addosso prima di piegarsi in avanti, afferrandolo dietro la nuca e spingendo la testa contro la sua. La fronte sbatte contro quella di Robin, lui risponde alla stretta serrando le dita contro la nuca pelata di Pavel. Prese forti. Crude. Tendono i muscoli delle spalle.
"Sono fiero di te. Sei come un figlio."
Gli occhi gli si serrano, la gola anche. 

Meili, Labour Town, Dicembre 2516 - Notte

E' circa l'una e dieci di notte quando viene colpito dalla limpida consapevolezza del proprio futuro. 
Si alza, cammina a piedi scalzi sul bambù. La sigaretta viene spenta nel posacenere insieme alle altre, rigurgita cenere aggiungendosi ai cadaveri delle compagne. La luce al neon del bagno ronza come uno sciame di zanzare quando la accende, aggrappandosi con le dita ad una cordicina collegata all'interruttore. L'immagine che gli rimanda lo specchio sopra al lavandino si appiattisce nell'illuminazione fredda. Allunga la mano verso un armadietto, estrendo una scatola di rasoi da barba. Apre la testina con cautela, ricavandona una lametta metallica, affilata, sottile come carta. Si siede a terra, osservandola con attenzione. Riflette, sistematico, sulla modalità migliore da seguire. Se iniziare con il polso destro o con quello sinistro. Se iniziare dal basso e andare verso l'altro, o viceversa. 
Sono circa le due quando decide di voler essere originale, e sceglie di tagliarsi prima il polso destro con la mano sinistra anche se non è mancino. Dall'alto verso il basso. E solo dopo tagliarsi il polso sinistro con la mano destra. Sempre dall'alto verso il besso.
Lo trovano alle sette meno dieci del mattino. 
Mancano dieci minuti all'inizio del turno in fabbrica.